mercoledì 4 maggio 2011

La città che vorrei: una, non pezzi in ordine sparso

nella foto Di Tommaso
“Quando è stato redatto il Piano Regolatore Generale, non ero ancora nato. E certo quando ho iniziato a fare politica, non avrei mai pensato di ritrovarmi a parlare, discutere ancora di quel piano, solo di quello. Invece siamo fermi al 1972, ma la città è cambiata, ai 100 mila abitanti previsti, allora non ci siamo arrivati. Un piano quindi, pur con delle varianti, datato. Di altro in questi dieci anni di centro destra non si è parlato, se non di Suap a valanga. Non un’idea di città sostenibile, ordinata e vivibile. Da qui voglio ripartire – spiega il segretario del partito democratico Di Tommaso –, riprendere a raccontare la città che vorrei”. Un nuovo capitolo per programma che abbia alla base un’idea di città, non una a pezzi. Un piano di lavoro quello che – ha raccontato Di Tommaso - proponiamo ai cittadini, alle forze economiche e sociali secondo una dimensione collaborativa, non coercitiva nei rapporti tra pubblico e privato nella costante ricerca del giusto concorso di tutti per arrivare alla definizione e realizzazione di uno schema di sviluppo strategico quale strumento dove sia possibile, non impossibile, collocare, vivere direi, in maniera ordinata, sostenibile. Tre le direttrici – spiega Di Tommaso – su cui abbiamo lavorato: nuovo modello urbanistico, centro storico e mobilità urbana. Prima di ogni altra cosa, il recupero dell’esistente: centro storico alto e basso. Che andranno collegati, tramite un sistema di risalita mobile, un piano particolareggiato già finanziato che giace nei cassetti però; un sistema di mobilità ciclabile integrata, parcheggi di prossimità da abbinare a un servizio navetta, riorganizzazione di un trasporto urbano non circolare, ma che riduca le distanze tra centro e periferia; in definitiva una riorganizzazione della mobilità sia su scala locale che comprensoriale, con interventi “a monte”, non tampone. Per la nuova pianificazione urbanistica – prosegue Di Tommaso – già nel primo anno di amministrazione, indicherà invarianti progettuali delle reti ecologiche, infrastrutturali, tecnologiche e delle aree d'insediamenti produttivi; destinazioni d’uso incompatibili in alcuni ambiti e una distribuzione più equa dei diritti edificatori e dei contributi per la realizzazione di spazi e opere di uso collettivo. Non più strumenti urbanistici rigidi, utili tutt'al più a gestire che a governare il mercato delle aree fabbricabili. E non solo un piano del traffico, ma anche un piano della mobilità urbana: interventi programmati, concordati e sostenibili, non lo scempio del Montuno. Non vorrei una, cento, mille città, ma una sola: la mia città”.

Alessandro Di Tommaso,
Segretario del Partito democratico – circolo di Terracina

Terracina, 4 maggio 2011

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